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Regione Piemonte

Il Ciuchè Mocc

Torre Civica del Comune di Valfenera


La torre civica di Valfenera è tradizionalmente denominata in lingua piemontese ‘ciochè mocc’, ovvero ‘campanile mozzo’; questa accezione del termine potrebbe fare ipotizzare l’esistenza di una parte sommitale, poi abbattuta. E’ l’emblema dell’antica storia e dell’identità comunale di Valfenera, storicamente conosciuta come ‘città delle sette torri’.

E’ collocata nella parte più alta della piazza centrale del paese, a lato delle sedi ‘dei tre poteri’ medievali: il Municipio (potere politico), il Palazzo dei Marchesi Morozzo della Rocca, ultimi feudatari di Valfenera (potere feudale), e la Chiesa parrocchiale dedicata ai Santi Bartolomeo e Giovanni Battista (potere religioso).

Le torri civiche si diffusero ovunque il governo comunale, raggiunto uno sviluppo molto avanzato, volesse sottolineare la superiorità del governo comunale sui palazzi nobiliari o dei più facoltosi cittadini.

La torre civica di Valfenera, edificata certamente con funzioni militari difensive nel quadro di più estese fortificazioni, presenta difficoltà di datazione e di inquadramento. Venne presumibilmente edificata nel ‘300, come baluardo di un castello difensivo, in seguito allo spostamento verso ovest delle fortificazioni e del centro abitato di Valfenera, appartenente alle terre del Marchesato di Saluzzo. Il castello medievale venne demolito nel 1557 dalle truppe francesi guidate dal Duca di Brissac nella guerra franco-spagnola che insanguinò il Piemonte durante il XVI secolo.

Dopo essere stata elevata e modificata strutturalmente tra il ‘500 ed il ‘600, dalla fine del XVII secolo svolse anche la funzione di campanile religioso e mantenne tale utilità fino al 1952 e, con la costruzione del nuovo campanile a lato della chiesa parrocchiale, cadde in uno stato di abbandono.
Ai restauri esterni condotti nel 2004, è seguito nel 2010 l’intervento di restauro e risanamento conservativo dell’interno, consentendone l’accesso.
Di particolare interesse e suggestione è il panorama a 360° di cui si può godere dalla sommità: il visitatore può spaziare con lo sguardo sulle colline dell’astigiano e la piana verso Torino, circondata dall’arco alpino.

L’orologio
LA MISURAZIONE DEL TEMPO DI UNA COMUNITÀ

Si cominciò a munire le torri comunali anche di orologio a partire dal XIV secolo.
Il meccanismo in mostra all’interno, l’ultimo utilizzato, è di fattura italiana e risale a metà ‘800. E’ stato restaurato e reso nuovamente funzionante nel 2012.
Lungi dall’essere precisi, ma meccanicamente complessi e in grado di soddisfare la sete di meraviglia con automi, calendari mobili e astrolabi, i grandi orologi pubblici diventano orgoglio e vanto delle città.
A quei tempi un orologio, specie un grande orologio pubblico, costava un patrimonio. Costava costruirlo, e il suo costo d’esercizio, che in genere comprendeva il salario di un ‘governatore’ costituiva un problema per le finanze locali. Gli Amministratori comunali si occupavano spesso, come dimostrano i documenti d’archivio, della cura e della manutenzione del campanile e dei delicati ingranaggi dell’orologio nonché del trattamento economico del campanaro incaricato della loro custodia.

Le campane
PROTAGONISTE DELLA VITA CIVILE E RELIGIOSA DI UN PAESE

La tradizione attribuisce l’introduzione dell’uso delle campane in ambito ecclesiastico come richiamo per le adunate a San Paolino, vescovo di Nola (355-431). La costruzione di campanili si diffuse rapidamente a partire dall’VIII secolo e, allo scopo di segnalare le funzioni religiose, si aggiunse poi, soprattutto con la diffusione degli orologi meccanici, quella di segnare il passare delle ore con i rintocchi delle campane.
Con il sorgere dei comuni nacquero le prime torri campanarie, dotando di campane le torri dei palazzi comunali, non legate alle attività di culto.
Le due campane esposte all’interno, datate 1822 e 1835 e dedicate ai Santi patroni del paese, furono requisite durante la II guerra mondiale ma scamparono alla fusione e ricondotte in paese nel 1945; furono calate una seconda volta nel 1970 per essere vendute ma, dopo un lungo e aspro confronto tra parroco e popolazione, vennero ricondotte nella loro sede.

Le campane del ciochè mocc per secoli furono utilizzate per diffondere nel paese e nell’intero territorio comunale segnali legati sia alla vita religiosa che a quella civile della comunità: scandivano le ore del giorno, annunciavano le Sacre funzioni così come la convocazione del Consiglio comunale, scandivano i tempi della scuola. Inoltre segnalavano le incursioni di assalitori, gli incendi e le tempeste, il coprifuoco e le pestilenze.
Quando la società era meno caotica e rumorosa si aveva maggiore abitudine a cogliere i suoni della natura e dell’attività umana e ogni abitante sapeva interpretare il segnale lanciato dalle campane.

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